Oggi il senso stesso di ambiente naturale appare come un anacronismo, una definizione superata dalla globalizzazione dei significati e dalla tendenza dell’uomo a concentrarsi a vivere in immensi spazi dove la funzione lavoro e qualità della vita sono perennemente in conflitto.
L’evoluzione, la crescita dell’uomo e dei sistemi economici a lui legati, ha trasformato radicalmente il significato originale, storico, tradizionale del termine.
L’ambiente muta in modo naturale, l’evoluzione naturale, il processo di adattamento di un ecosistema è una linea temporale avulsa dai tempi dell’uomo che fatica a trovare un atteggiamento che lo riporti in sintonia con quello che lo circonda.
Ci riferiamo all’ambiente come insieme degli elementi come suolo, acqua, aria, fuoco e le iterazione degli organismi viventi con questi.
L’uomo ha sempre mantenuto con l’ambiente un rapporto di sottomissione dello stesso alle sue esigenze.
Un rapporto unidirezionale, da una parte il diritto allo sfruttamento ma non il dovere della cura dall’altra.
La visione utilitaristica, produttiva e di profitto ha fatto del depauperamento del pianeta la triste condizione con cui dobbiamo confrontarci.
Effetto serra, scomparsa delle foreste, riduzione della biodiversità, desertificazione, contaminazione dei suoli, dell’atmosfera e degli oceani con sostanze tossiche, concentrazione della popolazione in grandissimi agglomerati urbani, cementificazione selvaggia e regole non adeguate: sono tutti elementi di una crisi che ha danneggiato seriamente gli equilibri del nostro pianeta.
Questa condizione è responsabilità dell’uomo. E’ la conseguenza delle attività economiche che dovrebbero dare risposte ai bisogni umani ma sono diventate, per effetto delle logiche del mercato, una minaccia per gli equilibri ecologici del pianeta e per la vita delle generazioni future. Tutto questo si intreccia con gli squilibri tra il Nord e il Sud del pianeta, tra ricchi e poveri all’interno di ogni società.
Mentre nei paesi ricchi si inquina l’ambiente per produrre beni di consumo in parte superflui, nei paesi poveri la distruzione ambientale avviene o per motivi di sopravvivenza, oppure per motivi economici riconducibili alla dipendenza dai paesi ricchi;
La comunicazione mediatica sta convincendoci che i grandi del mondo sono sinceramente preoccupati delle sorti della Terra pianificano studi, ricerche, proposte, ipotizzano correttivi di rotta, ma l’unica soluzione attuabile, che possa mettere ordine in questo scompenso, sembra essere lo sviluppo sostenibile.
Soltanto da una decina d’anni si parla di sviluppo in questi termini, che denota una maggiore attenzione, sia al problema della profonda iniquità nell’uso delle risorse a livello planetario, sia al problema dei limiti della crescita per una terra divenuta improvvisamente troppo piccola per una popolazione troppo numerosa.
In sostanza, in questo nuovo approccio alla “gestione della madre terra” si pone l’accento sull’uso razionale e responsabile delle risorse da parte di tutti e per tutti, sul riciclaggio delle risorse rinnovabili e sulla riduzione al massimo degli sprechi.
Non è lecito consumare di più solo perché si può farlo!
Sono strategie che devono partire da nazioni e governi, ma sono pratiche che coinvolgono in primis le persone.
Ognuno può dare il suo contributo alla cultura del rapporto equilibrato tra uomo e ambiente, ad incominciare da una serie di comportamenti quotidiani.
L’opportunità più vicina è sicuramente legata al cambiamento di qualche nostra abitudine, affinché sempre meno rifiuti solidi e industriali finiscano nelle discariche: acquistare prodotti con minore quantità di imballaggio, scegliere prodotti che abbiano confezioni riutilizzabili, evitare prodotti “usa e getta”. Dovremmo cercare di abbinare la riduzione della quantità di rifiuti prodotti al riutilizzo e alla riparazione dei beni.
II nostri atteggiamenti danneggiano l’ambiente, la nostra ‘impronta ecologica ( il valore che calcola di quante risorse naturali l’uomo ha bisogno e le confronta con la capacità della Terra di rigenerare quelle risorse) può essere modificata, e i campi di intervento sono tanti.
Confidiamo nelle nuove generazioni, nelle tante Greta Thungerg sparse negli angoli del pianeta, nei movimenti quali “Fridays for future”e in tutti gli uomini di buona volontà che quotidianamente abbracciano scelte sostenibili, contro il pensiero unico e dominante che è il consumismo/egoismo.
Anche il GAS Caneva, capendo l’importanza e la gravità del momento, con i suoi numerosi incontri, laboratori, momenti di formazione su: decrescita, coltivazioni naturali e bio, stato dell’ambienti, etica e acquisti sostenibili, si è fatto carico di questo compito sperando di essere una sorta di sasso nello stagno, che sa creare onde.
Ad esempio ci stiamo impegnando per dare attuazione, sempre nel nostro piccolo, alle indicazioni dell’Unione Europea per l’eliminazione della plastica monouso,
Come uomini e donne abbiamo la responsabilità collettiva di proteggere la terra usando in modo equo e sostenibile le risorse disponibili. I meccanismi e le priorità dell’economia vanno ripensati in questa prospettiva, puntando all’eliminazione della povertà e al miglioramento della qualità della vita.
Lo sviluppo sostenibile quindi, non è semplicemente protezione ambientale, ma anche un concetto nuovo di crescita economica, un processo, sicuramente non facile, che possa garantire giustizia ed opportunità per tutti e non solo per pochi privilegiati, senza costringere i più poveri a distruggere le risorse naturali del pianeta per poter sopravvivere. E’ un modello di sviluppo in cui le politiche dei vari settori: economico, commerciale, energetico, agricolo, industriale, ecc. sono implementate in modo da creare uno sviluppo che sia economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibile, uno sviluppo che non è finanziato dall’indebitamento, sia esso in termini economici, sociali o ecologici.
Caneva maggio 2019
Vincenzo Bottecchia

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